“Alle 5 da me” – in scena nei migliori teatri – è una commedia esilarante che racconta dei disastrosi incontri sentimentali di un uomo e di una donna: lui in cerca di stabilità affettiva, lei ossessionata dal desiderio di maternità. Protagonisti Gaia De Laurentiis, che interpreta cinque donne che corteggiano un uomo, e Ugo Dighero, che invece dà voce e volto a cinque uomini che corteggiano una donna. Come spesso capita nella vita, la ricerca spasmodica porta ad essere poco selettivi e così i due finiscono per accogliere in casa personaggi davvero singolari, a tratti persino paradossali. Un vero e proprio percorso ad ostacoli, che porterà i due protagonisti a cimentarsi con grande maestria nelle più svariate interpretazioni, dimostrando ognuno le proprie straordinarie capacità attoriali. Ne abbiamo parlato proprio con uno dei due protagonisti, ovvero Ugo Dighero, attore molto noto del piccolo schermo e del teatro.
Dighero, perché portare in scena “Alle 5 da me”?
“Quattro anni fa abbiamo portato in scena un’altra opera di Chesnot con Gaia De Laurentiis e abbiamo avuto molto successo; ecco che abbiamo deciso di portare in scena un’altra piece dello stesso autore con un testo completamente diverso. In questo caso si tratta di una coppia appena sposata che racconta gli ultimi incontri che ha avuto con l’altra metà del cielo, prima di trovare il compagno o compagna ideale”.
Ci spieghi il titolo della piece?
“I due protagonisti della storia portata sul palcoscenico hanno preso appuntamento a casa propria per un thè. Stanno cercando la persona giusta, stanchi del continuo cambiamento di relazioni. Proprio quando programmano l’evento, ecco che accadono i disastri, a dimostrazione di come di fatto l’amore non sia programmabile”.
Credi che uomini e donne dal punto di vista sentimentale siano diversi o simili?
“Sono sicuramente simili per il fatto della ricerca dell’anima gemella per la vita, ma i modi e le strategie sono completamente diverse. Il “gioco” funziona proprio per le diversità che li contraddistingue entrambi”.
Hai il talento di riuscire a far ridere ma anche commuovere, quale significato ha per te la parola emozione?
“Posso dire che difficilmente si comunica emozione al pubblico se in primis non ci emoziona per il ruolo che si sta interpretando; tuttavia un attore non sempre riesce a trasferire a chi lo guarda l’emozione che vorrebbe”.
Hai sempre desiderato svolgere questo mestiere?
“Avevo un contatto con il teatro molto forte perché mio padre recitava sin da bambino come dilettante; lo andavo a vedere ma mai avrei pensato che potesse diventare il mio mestiere. Successivamente sono andato a vedere degli amici che facevano la scuola del Teatro Stabile di Genova e ne sono rimasto folgorato”.
Cosa significa essere un attore?
“Essere riuscito a fare della mia passione una professione, guadagnandomi da vivere dopo aver scoperto di avere un po’ di talento”.
Sei entrato nel cuore del grande pubblico con Giulio Pittaluga nell’amatissima serie tv “Un medico in famiglia” ma cosa ti ha lasciato questo personaggio?
“E’ molto distante da me di carattere e gli sono molto grato perché mi ha portato molto successo, non che il successo sia l’ingrediente fondamentale per una carriera, ma uno degli ingredienti, sì”.
Non solo piccolo schermo, ma anche tanto teatro. Cosa ti trasmette il palcoscenico?
“Il pubblico è lì ad ascoltarti e a vederti, c’è carne viva sul palco e questo arriva. Il contatto con lo spettatore è insostituibile”.