Da quando cantava a squarciagola sull’albero a Vaglie di Ligonchio – dov’è nata – sull’Appennino tosco-emiliano lontano da tutto e da tutti, ne ha fatta di strada dopo aver esordito su un palco appena ventenne. Da allora non si è più fermata. Prima Castrocaro, poi Canzonissima, dieci Festival di Sanremo (con ben 3 vittorie), il Madison Square Garden, la tournée teatrale con Walter Chiari, “Ok il prezzo è giusto!” e molto altro.
Iva Zanicchi sta presentando in giro per l’Italia il suo nuovo libro autobiografico “Nata di luna buona“. Con lei abbiamo parlato del suo ingresso nel mondo della musica, dei suoi esordi, dei suoi traguardi raggiunti e dei suoi trionfi, ma soprattutto di come sia fondamentale rimanere sé stessi senza rinnegare mai le proprie origini, nonostante abbia cavalcato e continui a cavalcare l’onda del successo.
Zanicchi, perché hai deciso di scrivere questo libro?
“Mi definisco una raccontatrice, ovvero scrivo come parlo. Ho avuto il desiderio di raccontarmi, di mettere su un foglio determinate sensazioni, emozioni e ricordi che animano la mia vita. Scrivere è uno sfogo, un bisogno ed è un sentirmi libera. “Nata di luna buona” è autobiografico. Parlo infatti di me, dei miei inizi, della mia infanzia, del mio sogno di poter cantare e degli incontri che ho fatto e che mi hanno segnato. Ed è parte della storia del nostro Paese. Racconto come si viveva dopo la guerra, le difficoltà, la miseria, la volontà di ricostruire e dei genitori di poter dare un’istruzione, l’ingresso dei primi elettrodomestici in casa e molto altro”.
“Nata di luna buona”, ci spieghi il titolo?
“Mia madre era andata in una stalla ad accudire una mucca ed io sono nata lì. Nessuno mi voleva perché io ero la terza figlia femmina, mio padre voleva il maschio e invece sono nata io. L’unico a volermi vedere con affetto è stato il mio bisnonno Lorenzo che, nonostante fossi appena nata, bruttina, disse a mia madre: «questa bambina è nata di giovedì e di luna buona, sarà molto fortunata». Il titolo del mio libro lo dedico proprio al mio bisnonno Lorenzo che mi ha subito accolta”.
Il libro racconta la tua vita, ma come definiresti la tua esistenza fino ad oggi?
“Un’avventura meravigliosa, d’altro canto la vita deve essere così, anche nelle difficoltà. E’ un bene prezioso che va goduto fino alla fine. La amo infinitamente, sono ancora incuriosita di ogni sua sfumatura. La mia esistenza è stata fortunata, bella, piena ma a tratti anche dolorosa con la scomparsa delle persone più care. Nonostante tutto, dobbiamo esserle grata per averci permesso di esserci e di esistere”.
Il canto cosa continua a rappresentare?
“E’ la libertà vera. E’ una delle espressioni più alte che esistano, esattamente come la scrittura. Quando scrivo riaffiora quello che è stato me e che continua ad essere”.
Hai una carriera vastissima, ma cosa com’è iniziato il tuo viaggio nella canzone italiana?
“Tutto è partito da una grandissima determinazione, volontà e voglia di fare mia. Non era facile partire da un piccolo paese sconosciuto, lontano da tutto e da tutti. Ho lottato tantissimo, insieme a mia madre, per arrivare. Ed è stato molto difficile. Tuttavia penso che se si vuole davvero qualcosa, prima o poi, la si ottiene. Ora posso dire di essere orgogliosa di avercela fatta”.
C’è stato un momento in cui hai capito di essere entrata a far parte ufficialmente nel mondo della musica?
“Sin dall’inizio, perché io volevo fare solo questo. Non avrei mai pensato però di arrivare al successo che poi è arrivato, ma sentivo che prima o poi ce l’avrei fatta”.
Hai fatto tantissimi incontri artistici nella tua carriera, da Alberto Sordi a Marcello Mastroianni, da Federico Fellini a Giuseppe Ungaretti, Mina e Giorgio Gaber. Chi ti ha lasciato il segno?
“Quelli erano anni di forte fermento artistico. Tutti, chi più chi meno, mi hanno lasciato qualcosa, ma Mikis Theodorakis in particolare mi ha lasciato canzoni bellissime”.
Se dico Walter Chiari, cosa mi dici?
“Ho fatto una lunga tournée con lui: sei mesi di teatro e ora, se riesco ad essere sciolta e non “legata”, lo devo a lui. Ho imparato moltissimo da Walter. Per me è il più grande perché era l’unico vero improvvisatore, non aveva autori ma era autore di se stesso”.
Sei l’unica donna a vincere per tre volte il Festival di Sanremo, ma cosa hanno rappresentato quelle tre vittorie?
“Qualcosa di straordinario. In quegli anni, se andavi bene a Sanremo, avevi il lavoro assicurato per un bel po’. Mi ha portato in giro per il mondo. Ho fatto tour un po’ ovunque”.
Il Festival della canzone italiana è molto seguito ancora oggi, ma sempre tanto discusso dai più giovani, perché?
“Oggi è una manifestazione musicale importante, come ce ne sono molte altre. In questi ultimi anni ci sono molti più veicoli promozionali. Il fascino però del festival della canzone italiana rimarrà intramontabile”.
Sei stata la prima cantante italiana ad andare in tour in Unione Sovietica nel 1981 e ad esibirsi al Madison Square Garden di New York. La musica, la tua in particolare, come la definiresti?
“Non è semplice definirla perché, essendo molto curiosa, ho sempre saltellato su più generi, senza mai soffermarmi su uno solo. Ho cantato canzoni struggenti, d’amore, febbricitanti di vita, sul sociale e ancora tanto altro”.
Hai qualche rimpianto e ancora qualche sogno nel cassetto?
“Non ho rimpianti perché ho sempre fatto quello che ho voluto e ne vado fiera. Ho un’età adesso che non mi permette di fare grandi progetti, ma qualche altra piccola grande soddisfazione me la toglierò. Posso dire che nella prossima stagione teatrale porterò in giro per l’Italia il mio libro cantando alcune delle mie canzoni. Inoltre, dal 27 novembre sarò per venti puntate nello show di Chiambretti e sarò nel programma ‘All together now'”.
A chi devi dire grazie?
“A tantissime persone perché da soli non si fa nulla. Devo dire grazie ai miei genitori che mi hanno sostenuto e appoggiato quando ne avevo più bisogno, grazie alla mia prima sarta che mi ha regalato i miei primi vestiti perché io non avevo la possibilità di comprarmeli, grazie al mio primo maestro che mi ha dato lezioni di musica per ben un anno gratuitamente perché non potevo permettermi di pagarlo. Devo dire grazie alle persone più umili degli inizi. Poi, dopo, mica tante, purtroppo”.