Bella e piena di vita, frizzante, dolce e spontanea, curiosa e di grandissimo spessore: Emanuela Grimalda è questo e molto di più. Nata a Trieste, si trasferisce a Bologna, per poi approdare a Roma. L’abbiamo vista spaziare nei ruoli più diversi e ora, dal 30 ottobre, la vediamo in prima serata su Rai2 con “Volevo fare la rockstar”, una family comedy in sei puntate. Ne abbiamo parlato proprio con lei.
Emanuela, ti stiamo vedendo in “Volevo fare la rockstar”, per quali motivi hai detto di sì a questo progetto?
“Quando ho letto la sceneggiatura ne sono rimasta entusiasta perché la qualità era ottima, è scritta molto bene. Mi è piaciuto anche moltissimo il mio personaggio, ovvero Nadia, una donna dalle diverse sfaccettature“.
Interpreti Nadia. Ci racconti un po’ di lei?
“E’ una donna che non “viaggia” in un’unica direzione, non politicamente corretta. E’ la madre di Olivia – la protagonista – ed Eros ed è una mamma che ha lasciato i suoi figli da soli, li ha avuti quando era molto giovane e poi è rimasta vedova. In parte è fuggita dalle sue responsabilità per inseguire i suoi sogni, in parte per incontri fugaci con qualche uomo e in parte per alcol e altre sostanze. Rientra in famiglia dopo un percorso di riabilitazione, anche se non desiderata. E’ una donna molto vitale, energica e simpatica; ha fatto del male a chi le stava più vicino senza volerlo. Emergerà pian piano il sentimento profondo che la lega ai suoi figli”.
Come ti sei preparata per questo ruolo?
“Posso dire che in parte volevo allontanarmi da Ave Battiston, un personaggio che mi ha dato una fortissima popolarità. Avevo voglia di toccare altre corde emotive e di entrare nella realtà in modo diverso. Ho lavorato sulla mia parte più rock. In questa fiction sono una donna della mia età. In alcuni tratti caratteriali, mi sono molto riconosciuta in Nadia; entrambe veniamo dalla provincia ed entrambe siamo in parte riuscite a realizzare i nostri sogni”.
Hai mai voluto fare la rockstar?
“Assolutamente sì. Ho avuto la fortuna di vivere a Bologna nella prima parte degli anni ottanta ed era, in quel periodo, la città più rock in Italia. Inoltre sono stata fidanzata per tre anni con un tecnico delle luci; l’ho seguito in tour moltissimo”.
Sei di Trieste ma sei spesso in giro per l’Italia per il tuo lavoro, ma cosa porti con te di questa città?
“Porto me stessa. Mi definisco carsica. Sono, e siamo in gran parte tutti gli abitanti del Friuli Venezia Giulia, gente un po’ ruvida, scontrosa, piena di contrasti, solare e un po’ folle, con un forte desiderio di vita”.
Alterni cinema, teatro e piccolo schermo, ma cosa significa essere attrice nel 2019?
“Mi sento bene come attrice, forse perché mi sento molto meglio come donna. Sono in equilibrio con me stessa in questo periodo; se prima avevo più ansie e paure, oggi sono riuscita a trovare un senso di equilibrio. Sono madre di un bambino di quattro anni che mi ha riempito l’esistenza ma sono anche un po’ più stanca e questa mia stanchezza fa sì che io me la prenda meno, sia più libera e più in pace con il mondo”.
Per quali motivi hai scelto di fare questo mestiere?
“Sono andata via da Trieste perché volevo fare il DAMS a Bologna, anche se non avevo ancora ben chiaro cosa volessi fare. Avevo fatto corsi di recitazione ma mai avrei pensato di fare l’attrice. Sono state le circostanze a scegliere questo mestiere: a Bologna conobbi un poeta – Marco Barbieri – che mi fece trovare sul davanzale un copione con l’invito di sentirmi recitare; da lì ho cominciato”.
Qual è il significato della parola emozione?
“E’ fondamentale. Noi attori lavoriamo con il corpo e con ciò che esprimiamo da questo. Credo che uno spettatore paghi un biglietto per essere investito da emozioni, in maniera collettiva”.
Sono tantissimi i ruoli in cui ti abbiamo visto, come per esempio in quello di Nonna Ave per “Un medico in famiglia”, qual è stata secondo te la sua forza?
“Aveva un dialetto, quello veneto, che faceva entrare subito in sintonia con lei, era simpatica, candida, buona ma anche furba e astuta. Mi sono divertita tantissimo ad interpretarla, mi veniva spontaneo vestire i suoi panni. Aveva tantissime sfaccettature; mi ha dato la possibilità di avvinarmi al comico e di raccontare momenti molto toccanti ed emotivi”.
Parlando di quadri, ti sei diplomata all’Istituto d’Arte prima di intraprendere la carriera di attrice ma cos’ha la pittura in più rispetto a tutte le altre arti?
“Regala fortissime emozioni. Si può essere il più grande pittore anche senza aver venduto un quadro, ma non si può essere il più grande attore se non si ha uno spettatore: è la bellezza e il limite dell’arte”.
William Shakespeare affermava: “Tutto il mondo è un teatro e tutti gli uomini e le donne non sono che attori: essi hanno le loro uscite e le loro entrate; e una stessa persona, nella sua vita, rappresenta diverse parti”. E’ davvero così?
“Certamente sì, come farei a contraddirlo. Ovviamente nessuno di noi può dire tutto quello che pensa perché sarebbe impossibile altrimenti convivere tra esseri umani. Condivido appieno il fatto che facciamo i nostri ingressi ma anche le nostre uscite, anche quella definitiva quando il sipario si chiude per sempre”.
Sei stata diretta da alcuni dei più più grandi registi ma cosa ti fa dire sì a un progetto?
“Posso dire che ho avuto e sto ancora avendo la fortuna di poter scegliere, il più grande privilegio per un attore. Mi fa dire sì il personaggio che devo interpretare e la storia complessiva che si cerca di raccontare. La qualità è più importante della quantità”.
I tuoi prossimi progetti?
“Ho girato un film per Rai1 del ciclo “Purché finisca bene” con Carlotta Natoli e Pilar Fogliati. A gennaio sarò in teatro a Roma con “Dio è una signora di mezza età””.