“Blua Horizonto” è l’album ( in esperanto) d’esordio di Chiara Raggi, nota cantautrice, autrice, chitarrista e compositrice riminese. L’album è prodotto dalla FEI-Federazione Esperantista Italiana e Vinilkosmo, storica etichetta francese che da 35 anni produce e promuove la musica in esperanto. Si tratta di 10 canzoni in cui Chiara mescola brani d’autore con il jazz e la world music, registrate tra l’Italia e New York. Chiara è stata finalista al Premio Nazionale Bianca D’Aponte 2018 dedicato alla canzone d’autrice. Ha vinto il Premio Suoni dall’Italia consegnatole da Mariella Nava che le ha proposto di entrare a far parte della sua etichetta discografia “Suoni dall’Italia”. Ha registrato ben tre album e un singolo: “Molo 22” (2009), “Disordine” (2015), “Lacrimometro” (2017) e “Blua Horizonto” (2019). Della sua ultima fatica e del suo percorso ne abbiamo parlato proprio con lei.
Chiara, è uscito recentemente la tua ultima fatica, “Blua Horizonto”, ci racconteresti meglio di cosa si tratta?
“E’ il mio terzo album ma il primo in lingua esperanto. È una raccolta di 10 mie canzoni tra Molo22 (2009), Disordine (2015) e qualche inedito, che sono state tradotte da due riferimenti linguistici e musicali della lingua Esperanto che sono Renato Corsetti e Gianfranco Molle. Questo album è un viaggio che raccoglie ogni mia parte musicale: la canzone d’autore, la contaminazione con il jazz passando dal Sudamerica e accarezzando la World Music. L’ho scritto con i piedi nell’acqua, vicino al mare, un elemento importante, direi imprescindibile, nella mia vita. Poi c’è il tema del viaggio, reale e metaforico, la ricerca di una bellezza, dentro e fuori da noi”.
Per quali motivi dare proprio questo titolo all’album?
“Per me l’incontro con l’esperanto è stato qualcosa di straordinario e Blua Horizonto che significa “un orizzonte blu” è l’immagine che sintetizza perfettamente questo incontro. Un’immagine positiva, di infinito e di immensa serenità. E poi è anche il titolo di una canzone che è all’interno dell’album”.
Hai registrato il tuo album tra l’Italia e New York, Perché?
“Da sempre contamino appunto la canzone d’autore con l’armonia e l’improvvisazione jazzisitica. New York è il polo di riferimento mondiale della musica jazz e ho avuto la possibilità di lavorare con grandi esponenti che sono di base nella Grande Mela. L’esperienza è stata incredibile e mi ha confermato il potere della musica che, al di là della parola, unisce, crea ed esiste. In questo lavoro discografico c’è la partecipazione di grandissimi musicisti internazionali, in pieno spirito esperantista, come Aaron Goldberg al piano, Ugonna Okewgo al contrabbasso, Roberto Taufic alla chitarra, Gilson Silveira alle percussioni, Dario Chiazzolino alla chitarra e il compianto Lawrence Lo Leathers, batterista newyorkese recentemente scomparso. Poi ci sono i grandi musicisti con cui lavoro da 5 anni, tutti romagnoli doc, che mi piace definire “la mia fidata band”: Massimiliano Rocchetta al piano, Michele Iaia alla batteria e Piero Simoncini al contrabbasso. Insomma Romagna – Brasile – New York in un unico album”.
Cosa unisce l’Italia e gli USA, musicalmente parlando?
“Per la mia esperienza, abbiamo punti di forza diversi. Noi “invidiamo” e cerchiamo di emulare la ricerca ritmico/armonica, loro ci “invidiano” la melodia di cui, soprattutto noi italiani, siamo portatori nel mondo! Probabilmente l’incontro di questi mondi fa sì che ci sia un grande desiderio di dialogo musicale, di carpirne i segreti reciproci”.
Sei l’unica cantautrice in Italia ad aver scelto l’esperanto come un’altra espressione della propria musica , ma perché? Cos’ha questa lingua?
“L’Esperanto è una lingua internazionale, parlata in tutto il mondo, con lo scopo di abbattere le barriere linguistiche (e non solo) e favorire l’incontro tra i popoli. In questo periodo storico in cui vediamo alzare barriere di ogni tipo e la paura dell’altro è all’ordine del giorno, penso che l’Esperanto come simbolo e come realtà, possa essere per me la possibilità di abbattere queste barriere, complice la musicalità della lingua e l’universalità del linguaggio musicale”.
Sei molto nota, in terra romagnola soprattutto, ma cosa porti con te di questa terra quando sei in giro per il mondo?
Il sorriso e il senso di accoglienza. Il sorriso cerco di portarlo io, il senso di accoglienza cerco di trovarlo! Penso che i romagnoli abbiano una spontaneità culturale che viene apprezzata all’estero. Magari all’inizio sembriamo “strambi” ma il cuore “ruspante” e sincero, tipico della mia terra… conquista.
Com’è nata la tua passione per la musica?
“Ero una bambina, mia madre mi iscrisse ad un corso di propedeutica musicale… non mi sono più fermata. Poi la passione si è consolidata passo dopo passo negli anni, con gradi di consapevolezza differenti. Quando ho cominciato a suonare la chitarra mi sono letteralmente innamorata: il profumo del legno, le corde sotto le dita, il suono dolce e allo stesso tempo corposo. Ma è stato quando ho cominciato a scrivere, unendo la passione per lo strumento con quella per il canto, che ho capito che mi sarebbe piaciuto spendere la mia vita al servizio della musica”.
Quale definizione daresti all’arte delle note?
Non mi sento in grado di definirla… ma prendo in prestito una frase di Heinrich Heine “Dove finiscono le parole inizia la musica”. Per me questo pensiero esprime la grandezza e la potenza dell’arte delle note
Cosa rappresenta per te?
“Ossigeno vitale e autoterapia”.
Cantautrice, autrice, chitarrista e compositrice: cosa unisce questi tre mestieri e cosa li divide?
“Li unisce il comune denominatore che è la musica. Sono tutti risvolti di una stessa medaglia ma con implicazioni creative diverse! Cantautrice, o come mi piace dire “cantautore femmina”, è probabilmente la parola che più mi rappresenta: me la scrivo, me la suono e me la canto! Il mestiere dell’autore invece è molto affascinante ma anche molto complesso. Scrivere per qualcuno che non sei tu cambia parzialmente l’approccio alla scrittura: una parte di te c’è (per forza) ma scavi dentro per trovare anche qualcosa che magari è tuo solo in parte, un aggancio emotivo con l’altro. In comune hanno la ricerca del bello e dell’universalità. Invece come chitarrista… io sono chitarrista di me stessa e sono un datore di lavoro molto esigente! In passato ho lavorato in formazioni classiche ed oggi faccio turni in studio per altri artisti, quando richiesto, mettendomi al servizio di una musica che non è la mia”.
Dal 2 maggio 2018 sei autrice e conduttrice della rubrica settimanale “Cantautore [Femmina]: canto e dico cose” in diretta tutti i mercoledì mattina alle 10.00 su Icaro TV. Cosa speri che arrivi a chi ascolta la tua musica e cosa cerchi di fare arrivare?
“Ho smesso di “sperare” da qualche anno. Faccio musica perché non so vivere senza e cerco di farla nel pieno rispetto della musica stessa e delle persone con cui lavoro. Negli ultimi anni sono più concentrata sul fare, quindi sul viaggio, piuttosto che sull’arrivo. Da quando ho tolto l’”aspettativa” dal mio fare musica vivo meglio e, di fatto, le cose hanno cominciato ad arrivare tutte insieme. Se qualcuno si riconosce anche solo in un verso o si emoziona per una frase musicale, io ne sono felice. È chiaro, vorrei arrivare a tante persone ma ho imparato negli ultimi anni che per arrivare a tutti devi passare dal “uno ad uno”e quindi c’è tanto lavoro da fare. Il programma su “Icaro Tv” è la possibilità per me di dire e cantare cose in piena libertà pubblicamente!”