«Quando avevo vent’anni pensavo di sapere tutto sull’amore, su come dovrebbe essere una sana relazione intima, su come funziona il desiderio. Dopo vent’anni di difficoltà, tutte le opinioni che avevo sull’intimità perdevano la loro definizione e diventavano sempre più complesse e stranamente contraddittorie. Come riflesso di questo viaggio personale, “Touch Me Not” è una ricerca artistica sul desiderio umano e ancora sulla (in)capacità di toccare ed essere toccati, di entrare in contatto. L’intimità gioca un ruolo centrale nell’esperienza umana, avendo le sue radici nell’iniziale legame fisico, emotivo e psicologico tra la madre e il neonato. Il primo contatto modella il cervello del bambino, influenzando profondamente l’autostima, le aspettative sugli altri e, in seguito come si avvicina all’intimità da adulto».
Queste sono le parole di Adine Pintilie, la donna che firma il film vincitore dell’Orso d’Oro nella sezione principale del 68º Festival Internazionale del Cinema di Berlino che è ora al cinema. La Pintilie e i suoi personaggi fanno un’avventura in una personale ricerca sull’intimità. Tra realtà e finzione, la pellicola cinematografica segue i viaggi emotivi di Laura, Tomas e Christian, offrendo una visione empatica delle loro vite. Desiderosi di intimità ma profondamente impauriti, lavorano per superare vecchi modelli, meccanismi di difesa e tabù per essere finalmente liberi.
Il film cerca di indagare come amare un altro senza perdere se stessi. «Oltre al suo ruolo cruciale nella formazione dell’identità, una sana intimità a livello individuale ha importanti implicazioni a livello sociale, consentendo una rete psicosociale di esseri umani connessi attraverso solidi legami emotivi – ha continuato la regista -. L’intimità disfunzionale all’interno del nucleo familiare favorisce un terreno fertile per ulteriori conflitti, abusi, discriminazioni e pregiudizi su scala più ampia, sociale e politica».
E ha concluso: «“Touch Me Not” mira a diventare uno spazio per la (auto)riflessione e trasformazione, in cui lo spettatore è sfidato ad approfondire la propria conoscenza della natura umana e a rivalutare la propria esperienza e le proprie idee sulle relazioni umane intime, con particolare attenzione alla de-oggettivazione e personalizzazione dello scambio umano, stimolando la nostra curiosità sull’ “Altro” e la nostra capacità empatica di metterci nei panni dell’Altro».