Tre diversi modi per rispondere agli stessi problemi di sopravvivenza, tre giovani apparentemente molto diversi ma che hanno tutti lo stesso bisogno di credere in qualcosa, nella stessa fame di amore e di speranza, anche se ognuno su un fronte diverso perché in fondo ognuno di loro è un soldato. Stasera su Rai2 alle 21.15 appuntamento con “Due soldati”, il film di Marco Tullio Giordana . Quella che il regista ci racconta è la storia di una gioventù divisa a metà e di vite spezzate ma che non sono destinate a sfumare nel nulla e nella passività, bensì lottano alla ricerca costante di una propria felicità. Ne abbiamo parlato proprio con il regista, l’unico probabilmente che riesce con la sua grande maestria a raccontare l’amore per la vita.
Perché ha deciso di girare questo film per la Rai?
“Posso dire che non è stata un’idea mia ma del produttore Rosario Rinaldo che aveva in mano questa sceneggiatura bellissima. Quella che raccontiamo è la storia di tre ragazzi. Uno parte in missione per l’Afghanistan, l’altro è un piccolo manovale della criminalità e infine la ragazza è la promessa sposa del soldato. Una serie di vicende creeranno una sorta di legame tra questi tre giovani”.
Per quali motivi ha deciso come titolo proprio “Due soldati”?
“Se da una parte abbiamo un vero soldato che fa parte dell’esercito italiano, all’altra troviamo un soldato metaforico, seppur sottoposto ad una gerarchia e ad una ferrea disciplina. Da una situazione non proprio rosea, anzi piuttosto svantaggiata, portiamo sul piccolo schermo un racconto di emancipazione, a dimostrazione di come di fatto non si debba mai abbandonare un senso di rivolta nei confronti del cono d’ombra in cui si trovano questi ragazzi, oltre che di speranza”.
Oltre ai due protagonisti, c’è infatti anche Enzo che fa una scelta diversa rispetto a molti suoi coetanei.
“In realtà non credo sia una scelta così rara nel Mezzogiorno. Nonostante non sia oggi così semplice entrare nell’esercito, è una prospettiva di studio e di lavoro sicuro”.
Ancora una volta porta sul piccolo schermo una storia dei gioventù, ma qual è la meglio gioventù di oggi?
“Credo che sia sempre la stessa. Rendendosi conto che il mondo è sempre meno accogliente con una scuola, dei padri e una società che stanno rinunciando a favorire e salvaguardare la formazione degli uomini di domani mettendo molti giovani in una situazione di disarmo quasi totale, la gioventù di oggi cerca di reagire. Questa reazione può portare verso il male, ma anche verso il bene. Ci piace molto spesso, per comodità di pensiero, pensare che i nostri ragazzi siano passivi ma non è così. La colpa è solo nostra che il più delle volte non crediamo in loro”.
Salvatore, Maria ed Enzo cercano di rispondere alla realtà che li circonda, ma siamo tutti un po’ soldati secondo lei?
“Assolutamente sì. Questa condizione non conosce mai uno stato di riposo, non esiste un pianerottolo dove poter tirare fiato dopo tanti scalini. Credo che si debba lottare costantemente verso tutto ciò che rende infelici: andare alla ricerca della felicità non è una chimera ma un sano diritto di ognuno”.
Tutti loro tre sono dei soldati che lottano per la propria felicità. La felicità si può raggiungere?
“Non credo, probabilmente non la può raggiungere nessuno perché è non è uno stato permanente ma molto effimero, ma dobbiamo aspirare a quello. Dovremmo capire tutti che non si potrà mai essere felici da soli”.
Cosa le piacerebbe arrivasse al pubblico che vedrà il film?
“Mi auguro che questo film sia visto da persone di ogni età, da un vasto numero di persone. Vorrei sapere se poi questo film è piaciuto o meno. Prima la gente si parlava senza quell’ossessione – tipica dei giorni nostri – di umiliare gli altri. Ecco, mi piacerebbe fotografare il pensiero di ognuno per questo film”.