Calma e compostezza, oltre che un’intensa bravura. Questo e molto altro è Simone Tangolo (Ph di Fabrizio Toscan), giovane leccese d’origine ha fatto del teatro il suo mestiere. Dopo gli studi in Beni Culturali dello Spettacolo e di vari strumenti musicali, inizia a fare teatro grazie a stage e laboratori fino a diplomarsi nella Scuola del Piccolo Teatro di Milano diretta da Luca Ronconi. Lavora nel Piccolo Teatro di Milano, con la compagnia Idiot Savant in spettacoli per la regia di Filippo Renda. Lavora al progetto/spettacolo Il ratto d’Europa in co-produzione E.R.T. Emilia Romagna Teatro Fondazione e Teatro di Roma e per la regia di Claudio Longhi recita ancora in “Istruzioni per non Morire in Pace” (produzione E.R.T. e Teatro della Toscana – Teatro Nazionale) e ne “La Classe Operaia Va In Paradiso” (produzione E.R.T. Emilia Romagna Teatro Fondazione) attualmente in tournée nazionale. Dei suoi inizi, del suo percorso e del suo futuro ne abbiamo parlato proprio con lui.
Chi é Simone Tangolo oggi?
“Un impermeabile che riesce a farsi piovere addosso ma non sull’anima, come dice Paolo Conte”.
Come e quando hai compreso che la recitazione sarebbe diventata il tuo mestiere?
“L’ho compreso firmando il primo contratto; poi vedi la paga di un attore teatrale e ci ripensi. Banalmente realizzi in quel momento che vieni pagato per fare il tuo lavoro, per fare quello che sai fare, il tuo mestiere, la tua arte. Laddove per “arte” si intende un “mestiere”, appunto. Ogni arte ha un maestro specifico. Dove sono nato, per chiamare in modo informale ma allo stesso tempo rispettoso, l’autista dell’autobus che ti porta a scuola, un muratore o gli imbianchini che ti arrivano in casa per riverniciare le pareti si dice: maestro. Per esempio: “oggi vengono i maestri a imbiancare!”
Sei di Lecce ma molto spesso per lavoro sei lasci la tua città. Cosa porti sempre con te della tua Puglia e cosa di Milano?
“Vivo a Milano da dieci anni ormai, di Milano porto con me le opportunità lavorative e di confronto artistico, il respiro europeo e il cielo grigio color lamiera che ti sprona a ricercare il sole dove apparentemente non c’è. Da “giù” porto la capacità di adattamento e di sopravvivenza della mia gente, la nostalgia e lo sguardo sempre curioso dei due mari, oltre alle frise, l’olio, le conserve e il tonno”.
Hai iniziato e stai continuando con il teatro. Cosa rappresenta per te il palcoscenico?
“Per me il “dal vivo”, in tutte le sue forme (teatro, concerto, balera…), rimane l’esperienza umana e sociale più bella, emozionante e costruttiva che possa esistere”.
Oggi i giovani devono ancora credere che ci sia una speranza per concretizzare il loro sogno di intraprendere questo genere di carriera o ritieni che sia fondamentale svolgere questo mestiere all’estero?”
“Ritengo che ognuno debba cercare, con tutte le sue forze, di fare quello che ama, quello per cui è portato, ovunque e costantemente. Tutto questo al netto di una vita dignitosa, che sia in teatro, sul grande schermo, all’estero o lavorando dalla propria cameretta. Non credo esistano formule precise. Finché il cielo non ci casca sulla testa, c’è speranza”.
Quello con il Piccolo Teatro di Milano è un legame piuttosto stretto per te. Ci racconti perché?
“Mi sono diplomato lì. Amo quasi tutto quello che è racchiuso dentro quella scritta con le lucine piccole piccole. Ho avuto alcuni dinosauri del teatro come docenti, in senso buono, rarità che si sono appena estinte e per questo mi ritengo fortunatissimo. Nelle lezioni e nei saggi, indossavamo anche costumi di scena di attori che hanno fatto la storia del teatro. In un certo qual modo sembrava quasi un passaggio di testimone che metteva soggezione, oppure ti sentivi come se indossassi la corazza di un supereroe e cercavi di risplendere. In Italia e all’estero è stato un simbolo. Oggi è, ancora, un’idea”.
Sei stato formatore per il progetto di alta formazione artistica “Raccontare il Territorio”. Ritieni sia importante capire le radici per poter avere un futuro quindi?
“Non sfugge al passato chi dimentica il passato. In tutti i sensi”.
Continua la collaborazione con Claudio Longhi. In cosa si distingue rispetto agli altri registi con cui hai lavorato?
“Al di là che le sue regie possano piacere o meno, ne uscirai sempre arricchito di contenuti e riflessioni. Gli interessa che tu abbia capito e possa farti una tua idea, riguardo ai contenuti dello spettacolo, innescando un processo di studio che continua specialmente dopo la visione dello stesso. Una cosa bella e meno scontata di quanto si pensi”.
I tuoi prossimi progetti?
“Il duo musicale “impermeabili”, i lavori con la compagnia Idiot Savant, i progetti con Emilia Romagna Teatro, il mondo della lirica, il cinema, vivere in uno stabilimento termale, essere una rock star, giocare nei Lakers”.