BOLOGNA – Un’attenzione puntuale e molta precisione nel raccontare la storia e il personaggio che vengono portati in scena: questo e molto altro è Nicola  Bortolotti, l’attore che sempre di più si sta facendo conoscere a teatro grazie alle sue doti interpretative.  Diplomato nel 1995 alla Scuola di Teatro del Teatro Stabile di Torino diretta da Luca Ronconi, ha debuttato come protagonista de “Lo stilita” di Mauro Avogadro. Da quel momento è stato un susseguirsi di successi. Ha infatti lavorato con Giancarlo Cobelli per “Re Giovanni”, “Satyricon” eAspettando Godot”, con Marisa Fabbri, Daniele Salvo, Francesco Frongia e Mario Perrotta. Collabora da diversi anni con Lorenzo Fontana  e con Rosario Tedesco e dal 2010 lavora anche stabilmente con ERT (Emilia Romagna Teatro). Lo stiamo vedendo calcare numerosi palcoscenici sotto la guida di Claudio Longhi  per “La resistibile ascesa di Arturo Ui”, “Istruzioni per non morire in pace”, “La classe operaia va in paradiso” e come docente di recitazione e analisi del testo alla Scuola di Teatro “Iolanda Gazzerro”.

Nicola, com’è nata la passione per la recitazione?
“E’ nata lentamente dire il vero. La scintilla della curiosità è scoccata una sera di diversi anni fa: avevo circa 12 anni quando mia cugina, insieme al gruppo “Teatro della lettura espressiva”, mi invitò ad assistere nella biblioteca del Paese in cui vivevo ad una lettura pubblica di poesie. Sono stato poi invitato a partecipare a un incontro successivo e posso dire che da lì che è partito tutto. Facevo parte di un gruppo in cui facevamo letture di racconti come per esempio Buzzati con un maestro che ci portava a teatro a vedere spettacoli non così scontati per gli anni ’80. Ricordo anche che mi portò a fare un provino con Fellini per “La voce della Luna” che di fatto non andò bene ma mi permise di incontrare il maestro del cinema di persona”.

Perché hai deciso di intraprendere questa carriera?
“Continuavo a pensarci; dopo la mia piccola esperienza sul campo tra i 12 e i 17 anni, decisi che non potevo più farne a meno. Nonostante mi iscrissi a giurisprudenza con anche un buon esito degli esami, il mio pensiero fisso era quello della recitazione, in particolare per il teatro che era diventato un piccola e piacevole ossessione. Proprio per questo motivo, presi la decisione migliore, ovvero quella di iscrivermi a una scuola di teatro”.

Ti sei diplomato  alla Scuola del Teatro Stabile di Torino diretta da Luca Ronconi. Cosa ricordi del maestro del teatro?
“Avendoci anche lavorato insieme, non posso dimenticare e  cerco di portarmi sempre porto addosso la capacità di lettura di un testo e la sua generosità nell’insegnamento con i suoi allievi, sia nel mondo in cui si poneva sia nel tipo di richiesta che faceva agli attori, la stessa che portava lui in scena”.

Sono oramai diversi anni che collabori con  Emilia Romagna Teatro. Com’è nata questa collaborazione?
“Tutto è partito dalla telefonata che Claudio Longhi, oggi direttore di ERT, mi ha fatto nel 2010 offrendomi un ruolo nello spettacolo che lui avrebbe diretto, ovvero “La resistibile ascesa di Arturo Ui”. Lo conoscevo già da tempo perché era stato assistente di Ronconi; inoltre essendo di Bologna, ci siamo incontrati in diverse occasioni, come uno stage che lui aveva tenuto al Teatro Due di Parma a quale avevo partecipato”.

Insegni anche alla Scuola di Teatro “Iolanda Gazzerro”. Cosa vorresti arrivasse ai tuoi studenti?
“Non è così semplice rispondere a questa domanda in realtà. Loro mi danno moltissimo, ovvero il ritorno di quella passione che io cerco costantemente di trasmettere. Mi auguro che comprendano la chiarezza che fare l’attore è un vero e proprio lavoro che impone disciplina e impegno, oltre che la conoscenza della tradizione di coloro che li hanno preceduti”.

Qual è il compito, secondo te, della recitazione?
“La recitazione permette a chi la esercita di mettersi nei panni di tanti altri, anche molto diversi da noi stessi; credo che abbia il privilegio di capire gli altri dall’interno e questo è un regalo enorme che ci viene fatto”.